Per innamorarsi basta uno sguardo. Questo era vero più che mai in quella quieta alba, quando il Cavaliere vide apparire quella sfolgorante Dama. Il pasticciere gliela appoggiò accanto con delicatezza, prima di posizionare in vetrina tutte le altre Pupaccene. Quei colori vividi, quel sorriso ammaliante appena accennato, gli occhi neri e candidi, un attimo solo e il cuore del Cavaliere fu conquistato. Lei profumava ancora intensamente di forno, appena venuta alla vita. Lui un poco meno, perché era lì da una settimana già, il tempo giusto a capire tutto del posto in cui erano e, con quella esperienza, diventare il capo di quella colorata dolce combriccola.

Per questo la Dama non gli diede subito confidenza. Cos’era quel modo che aveva lui di guardarla, come se si conoscessero già e invece nessuno aveva fatto le presentazioni? Cosa credeva, che lei fosse lì per lui? Ignorò tutti i suoi primi garbati approcci, come si conviene a una damigella, ma non mise su un’espressione altera, no, rimase così, con quel suo viso soave e giovane.

Il Cavaliere la adorò maggiormente per quella sua posa e fu felice di scoprire che lei non era una sciocchina leggera.

Gli altri Pupi di zucchero osservavano e avevano già capito che fra quei due qualcosa stava accadendo. Parlottavano e ridacchiavano maliziosi e la Dama ne ebbe grande imbarazzo. Allora il Cavaliere intervenne con autorità e mise tutti a tacere. Poi si rivolse alla sua amata e le chiese perdono se la sua ammirazione sconfinata le aveva causato disagio:

«Purtroppo, è colpa mia, perché vi amo al punto da non poter fare altro che guardarvi. Vi prego, ignorate loro e me, se questo vi disturba».

Quelle parole, il tono dignitoso e sicuro con cui vennero pronunciate, arrivarono dritto al cuore della Dama, che comprese di quale tempra in realtà il Cavaliere fosse fatto. Allora sorrise arrossendo, ma di gioia, e rispose:

«Perdonate me voi, se vi sono sembrata scortese».

Felice, il Cavaliere dichiarò chiuso quel fraintendimento e affabile prese a raccontarle del posto in cui erano e delle persone che ogni giorno vi entrarono. Fu tanto spiritoso che la Dama rise fino ad averne male alla pancia, ma lo esortava a continuare. Anche lei, infatti, si stava già innamorando di lui e pregustava la gioia di stare uno accanto all’altra per tutta la vita.

L’alba si sciolse nel nuovo giorno e la grande e luminosa pasticceria aprì le porte. La gente entrava, ammirava la parata di Pupi di Zucchero, al posto d’onore fra frutti di martorana da un lato e biscotti ossa di morto dall’altra. I bambini impazzivano per i Pupi che ritraevano i loro beniamini e portavano gli adulti a guardarli, chiedendone l’acquisto. I primi Pupi furono così venduti, andando via.

La Dama dapprima non vi fece caso, ma a un certo punto le mani attente della commessa presero la Pastorella che era stata accanto a lei per tre giorni e con cui aveva stretto una bella amicizia. La attese per qualche tempo, ma quando il negozio chiuse ebbe un presentimento che la spaventò:

«Ma allora non tornano più?».

Il Cavaliere la guardò con pena. Lui sapeva già tutto quello: nella settimana prima che la Dama arrivasse, aveva visto tanti Pupi andar via. Sentiva le persone dire che lui era il più bello, grande e fiero, ma che “costava” troppo. Per questo era ancora lì.

«No, mia cara, vanno via in luoghi in cui diventeranno i protagonisti della festa!»

«Oh! Ma, è terribile! Così noi verremo separati, allora!»

E la tristezza della Dama si contagiò a tutti gli altri Pupi rimasti, che avevano già quella consapevolezza.

Il Cavaliere si dannò a quel pianto, avrebbe voluto muoversi e abbracciarla, ma capì che la sua natura lo condannava all’immobilità e che non avrebbe mai potuto impedire quella separazione, trattenendo a sé la Dama o slanciandosi contro chi prima o poi la avrebbe portata via. Nonostante questo, però, riuscì a porgerle un bel sorriso e i suoi occhi non persero la forza che tanto ammaliava la Dama.

«State tranquilla, mia adorata, il nostro amore è grande tanto che niente potrà spezzarlo e nessuno ci separerà, ve lo giuro!»

E la Dama, che aveva imparato ormai a conoscere il suo Cavaliere, credette senza esitazione a quella promessa.

Altri due giorni passarono e venne l’ultimo di ottobre. Il Cavaliere e la Dama erano rimasti con ancora pochi Pupi. Lui era contento di aver dato sollievo alla sua Dama, ma in cuor suo sapeva quanto fragile fosse la sua promessa. Lei, però, era così tanto bella nella sua soavità, che il Cavaliere sentiva che avrebbe escogitato qualcosa per proteggerla.

Fu proprio quell’espressione soave che attrasse, la sera di quel giorno, lo sguardo stanco della giovane donna che passava davanti la vetrina. Si fermò di scatto e si avvicinò al vetro, quasi ipnotizzata. Guardava la Dama di zucchero e ricordava i giorni lontani della sua infanzia, quando proprio in quei giorni i suoi genitori la portavano in pasticceria e le permettevano di scegliere la Pupaccena che preferiva. Sapevano che lei non l’avrebbe mangiata e che l’avrebbe conservata fino a quando non fosse andata a male, ma ugualmente le consentivano di prenderla. Sorrise a quei ricordi di un mondo che di colpo sembrava lontanissimo. Si sorprese della propria decisione, ma poi ne rise divertita e varcò la soglia. Con una gioia infantile indicò alla commessa la Dama e le chiese di avvolgergliela nella plastica trasparente.

L’uomo che attraversava in quell’attimo la porta scorse subito quell’espressione di felice impazienza negli occhi della donna e ne rimase ammaliato. Le sentì raccontare di quella collezione di Pupi mai mangiati e gli parve la cosa più tenera che mai avesse udito. Spostò lo sguardo sulla vetrina che aveva attratto la bellissima sconosciuta e di colpo si fece stuporoso. Aveva le traveggole? Si avvicinò alla vetrina e si chinò verso il ripiano. Un brivido gli percorse la schiena, ma ancora si diede del pazzo. Eppure… non sembrava proprio che quel Cavaliere di zucchero stesse gridando disperato? Gli parve di avere anche i suoi occhi nei propri, in una supplica accorata. Sì, stava definitivamente impazzendo! Doveva smettere di lavorare tanto e iniziare a condurre una vita “normale”, come i suoi amici gli dicevano, magari proprio cercando per sé una donna come quella che adesso stringeva radiosa al petto la Dama. Fece per avvicinarsi a lei, cercando un modo originale per approcciarla, ma ancora la sua attenzione fu calamitata dal Cavaliere. Lo osservò meglio e allora fu sicuro di non stare allucinando: il povero Cavaliere piangeva di angoscia. D’istinto si volse a guardare la Dama tra le braccia della donna ed ebbe un colpo al cuore: anche la Dama aveva la stessa espressione di dolore. Si guardò attorno, temendo che qualcuno si fosse accorto della sua “follia”. In effetti la donna lo stava osservando, ma aveva uno sguardo divertito. Le sorrise sornione, poi scosse le spalle e si decise. Indicò il Cavaliere e chiese alla commessa di incartarglielo. La donna, intanto, gli porse un breve cenno di saluto e uscì. Fremente, allora, l’uomo attese di avere il Cavaliere, poi non si fermò neanche a ritirare il resto. Udì il cassiere chiamarlo, ma non si voltò. Cercò attorno a sé la donna e la vide ferma al rosso di un semaforo lì vicino. Corse senza vergogna e la affiancò. Lei si girò e lo vide con stupore, ma gli porse un luminoso sorriso.

«Mi perdoni, signorina, ma sarei felice se lei prendesse anche questo!»

La donna spalancò gli occhi, incredula ma divertita.

«Oh no… davvero… io non posso! E poi neanche li man…»

«Lo so, l’ho sentito prima… ma… mi perdoni se le sembro pazzo: ho l’impressione che sia una questione molto importante che questi due Pupi restino accanto per sempre!»

Lei corrugò la fronte, guardò prima la Dama, poi il Cavaliere. Le parve che entrambi si tendessero l’uno all’altro, in un gioco di sguardi. Non seppe nemmeno perché, ma allungò una mano e accettò che l’uomo le cedesse il Cavaliere. Sollevato, guardò anche lui le due pupaccene e si compiacque di scorgere la felicità su quei due visi rosei. Allora ci aveva visto giusto? O era solo suggestione?

«Mi piacerebbe saperne di più su questa questione importante…» lo stuzzicò la donna.

Lui la fissò negli occhi e sentì nascere un’intensa emozione.

«Se mi permette di invitarla a cena…»

Lei accettò, senza falsi tentennamenti, e quella fu una sera indimenticabile.

Non le parlò subito della sua “allucinazione”, in realtà, temendo che scappasse a gambe levate. Ma oggi, che festeggiano il loro ventesimo anniversario di matrimonio, sono entrambi a guardare i Pupi del loro incontro e a ricordare la magia di quei cuori di zucchero. Sanno bene che ogni notte, quando tutte le luci si spengono, la Dama e il Cavaliere tornano a corteggiarsi. E se si tende bene l’orecchio è persino possibile sentire le loro sottili voci…

«Vedete, mia adorata? Niente e nessuno ci separa!»

«Lo vedo, mio amato… lo vedo… E sarà per sempre…»

«Il mio cuore vi appartiene, Dama!»

«E il mio appartiene a voi, Cavaliere…»

 

Perché per innamorarsi bastano due cuori, anche se di zucchero.

 

© Patrizia Grotta e Ljus av Balarm


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