C’è un epico segreto che nella mia famiglia si tramanda da generazione in generazione, da primogenito a primogenito. Riguarda un compito da cui dipende il destino di uno dei giorni più sacri nella vita di ogni mio concittadino, una responsabilità senza pari da cui dipende la gioia di ogni famiglia palermitana. E ci fu un anno in cui questo giorno di allegria e unione rischiò di essere offuscato da malefiche ombre che avevano in odio i sorrisi e le risate, la famiglia e la vita. Ma ci fu anche un intrepido eroe, che senza mai temere per sé stesso sfidò il male e preservò la città da quella terribile minaccia!

Come? Che dite? Ah… sì sì, capisco… E vabbene, ma dai però! Sì sì, probabilmente sto un poco modificando l’atmosfera e… Che? Cosa? Sto mistificando?! Addirittura! Ma quando mai! È solo che… e uffa, santo cielo! Vi accanite su di me quando è per tutta la storia dell’umanità che i Racconti Ufficiali degli eventi più cruciali vengono manipolati per favorire uno o un altro dei protagonisti?!

D’accordo, ricominciamo daccapo! Così sarete contenti… antipatici! È forse colpa mia se quel tredici dicembre di qualche anno fa una serie di eventi si concatenarono in un certo modo da… Eh? Che dite? E nooo, ancora?! Ma siete pignoli, però! Non avete altro da fare, altri posti in cui stare? State controllando la cottura del vostro riso?! Ecco, appunto, pensate alle vostre pentole che io mi dedico alla MIA storia, ok?

E allora, va bene, diciamoci la verità, che di solito attira le simpatie degli ascoltatori: sì, fu colpa mia, mia e della mia inesperienza! Quell’anno era il primo in cui il segreto era arrivato a me… sì, sì, la parte del segreto è vera, che credete, e lo è anche quella del mio ruolo cruciale! Ok, non mi sarà stato concesso in sorte il compito di proteggere il mondo da forze aliene o malefiche, però volete mettere l’importanza e la responsabilità di fare in modo che a Palermo, il tredici dicembre di ogni anno, sulle tavole di ogni casa, nelle vetrine dei bar, tra le mani a passeggio per le strade, o, se la giornata è bella come quella di oggi, sulla spiaggia lambita del mare, o… Eh? Che? La sto facendo lunga? Ehi, sentite, guardate che mi pare di sentire puzza di bruciato, occupatevi delle vostre cucine, e che diamine!

Insomma, in poche parole, il compito di ogni primogenito della mia famiglia, il segreto che ci tramandiamo è il potere della sfera perfetta! Embè? Non dite più niente! Tiè! Sì, signore e signori, io proprio io sono l’attuale detentore in carica della magia che consente a ogni arancina palermitana del tredici dicembre di assumere quella meravigliosa forma tonda che resiste a ogni aggressione, che scavalca ogni capacità manipolatoria umana: non importa che cosa la massaia, o il cuoco, o il barista sappiano fare con le loro mani che modellano l’impasto di riso, sono io, io con il mio potere, a passare non visto fra di loro e garantire con i miei poteri che l’arancina sia una sfera perfetta, bella e gustosa, che si sciolga in bocca e allieti lo stomaco di ogni Palermitano, devoto o no a Santa Lucia! È o non è una di quelle responsabilità S – T – R – A – B – I – L – I – A – N – T – I che può modificare la vita di una persona, soprattutto se vive a Palermo?

 

Il disastro avvenne già di primissima mattina. Era naturalmente il tredici dicembre ed era domenica, una bella domenica soleggiata, dal cielo azzurro e limpido e l’aria frizzantina. Ora non esagero dicendo che c’erano pure gli uccellini che cinguettavano (anche se di certo da qualche parte c’erano!), però insomma l’alba si era accesa davvero su una gran bella giornata! Il problema è che, sì ecco, a quella gran bella giornata era preceduta una gran bella… ehm… nottata… Ero giovane, dal sangue caldo, non per vantarmi anche molto bello e attraente… insomma, va’, la notte era stata davvero interessante: bella musica, bei drink, bella compagnia e… cavolo, quello che qualsiasi essere di buon senso farebbe seguire con degli ingredienti così, no? Ok, quindi la notte era stata così, ed è ovvio che dopo una nottata così un uomo può addormentarsi per recuperare energie con un bel sonno, no? Che ne potevo sapere io che ci sarebbe stata gente che, D-I   D-O-M-E-N-I-C-A, si sarebbe svegliata addirittura all’alba (mah, valle a capire le persone!) per dedicarsi già alla preparazione delle arancine?

Le prime urla iniziarono a levarsi sparute da diversi punti della città, troppo sparse e troppo poche perché potessero attraversare la coltre del mio sonno. Ah sì, mi stavo dimenticando di dirvi una cosa fondamentale: se durante 364 giorni all’anno (oppure 365, perché lo sapete che esistono pure gli anni bisestili, no?) io, come tutti i primogeniti della mia famiglia, siamo persone normali (normali… io normale non lo sono mai, in realtà, perché detto fra noi sono proprio un tipo straordinario…), il giorno di Santa Lucia, già dalle prime luci dell’alba, anzi da pure prima, acquisiamo i poteri che ci servono per svolgere il ruolo di cui sopra: e quindi vai con la supervelocità, l’invisibilità, l’udito super, l’ubiquità, etc etc. Vi renderete conto che senza tutto questo ambaradan sarebbe praticamente impossibile fare quello che devo fare: avete idea di quante case e di quanti locali pubblici si trasformino in fucina di arancine il tredici dicembre?

Quando le grida di sconforto (e in certi casi persino di disperazione) iniziarono a moltiplicarsi come insopportabili ronzii che dall’orecchio sprofondavano nel mio cervello, sobbalzai sul letto disfatto e una lama di luce solare sfidò i miei occhi assonnati e spaesati (bella questa immagine, eh?, degna di un filmone!). In realtà dovetti anche litigare con il lenzuolo che mi si era attorcigliato tutto attorno al corpo e con il rincogl… ehm con il disorientamento da risveglio brusco, prima che un brandello proprio minimo minimo di lucidità mi attraversasse.

«Oh porca pupazza!» sbottai terrorizzato, nell’esatto momento in cui mi resi conto che quella non era una domenica come tante, ma era proprio (giusto giusto!) il mio primo tredici dicembre da protettore dell’arancina perfetta!

Erano le nove e trentatré del mattino e ormai le urla (e le imprecazioni, per onestà di cronaca) tappezzavano tutta ma proprio tutta la città; e Palermo è grande assai, mica si scherza! Potevo sentire le frasi di giustificazioni attonite di ogni “manipolatore di riso” e quelle (odiosamente) rimproveranti di chi gli stava accanto, a cui i primi rispondevano con crescente stizza e con parole tipo “e allora provaci tu, idiota” e simili che… ssssì, non erano proprio consone all’atmosfera di allegria, famiglia, pace, divertimento, etc etc sulla cui buona riuscita la mia stirpe, da molto ma molto molto tempo, aveva la responsabilità.

Nel giro di pochi secondi, percepii (con il mio superudito!) che non c’era famiglia di Palermo, né bar, né rosticceria, né bugigattolo in cui le persone non stessero litigando a causa di quella improvvisa impossibilità a far venire fuori un’arancina decentemente tonda! E percepii anche… sssssì… la voce di mio padre che da qualche parte in qualche luogo sbraitava:

«Ma che czz sta combinando quel cgln di mio figlio?! Perché m’è dovuto toccare proprio a me ‘sto primogenito mnchn?!».

E quella di mia madre che cercava di difendermi:

«Lo sai, è una creatura un po’ sopra le righe, un creativo, un…»

«Un mnchn!» sbottava mio padre e a quel punto mia madre, povera, non sapeva controbattere.

Ok, il disastro era in atto; al mio primo tredici dicembre stavo facendo la figura del cgln mnchn del czz (mio padre mi vuole molto bene, lo giuro, è che magari qualche volta mi stima un filino meno di quello che un padre dovrebbe, ma giusto un filino, eh?) e le arancine erano… beh, in effetti stavano venendo fuori davvero orribili! Cavolo, io anche senza usufruire di una magia a me sconosciuta avrei saputo fare meglio!

Come? Cosa? Ah… sì, ho afferrato… effettivamente non è il caso che io stia qui a vantarmi, visto che quel macello senza forma e senza gusto era colpa mia!

Potevo rimediare? Era troppo tardi? Avrei provocato una guerra civile? Palermo si sarebbe dissolta nell’odio da arancina mostruosa? Il giorno della luce e della devozione sarebbe per sempre stato ricordato dai posteri come quello in cui un’intera città si era disintegrata per colpa di… mia? E che pall… ine però! Eh sì, perché proprio di palle si parlava, di sfere perfette e deliziose che dovevano tornare immediatamente! E speravo che il rancore e la rabbia che pervadevano ormai ogni via cittadina non fossero ormai troppo troppo per poter essere alleviati da un’arancina perfetta.

Così smisi di stare lì ad autofustigarmi e mi misi all’opera. Ero un po’ preoccupato, perché non lo avevo mai fatto (e certo, era la mia prima volta e – confesso – quando mio padre mi aveva spiegato i rudimenti qualche settimana prima io ero stato un po’… come dire… distratto dalle ragazze che passavano nel parco… dico io, certe lezioni cruciali andrebbero impartite al chiuso, no??), ma mi lanciai! E così passai per ogni cucina, casalinga o pubblica, e invisibile e superveloce, poggiai le mie mani impalpabili su quelle che tenevano il riso, conferendo loro la Grande Magia della sfera perfetta. Lo ammetto, mi emozionai pure nel comprendere quanto bello fosse, quanto naturale fosse, quanta gioia e soddisfazione nascesse nell’anima e negli occhi di chi dava finalmente forma eccellente alle arancine. Ed ero ovunque nello stesso istante, a portare armonia di estetica e di gusto. Grazie a me non ci sarebbe stata arancina indegna di diventare tributo a Lucia! In nessun angolo nascosto di Palermo, perché grazie ai miei straordinari poteri nulla sfuggiva. Vezzoso e creativo, mi soffermai pure a sistemare dei timballi di riso e quello, chiunque può convenire, divenne da allora il mio tocco distintivo, ciò a cui nessuno dei primogeniti prima di me aveva pensato. E che pupazza, sono uno figo io!

In capo a mezz’ora, ogni arancina era ormai perfetta, pronta per essere immersa nell’olio o infilata nel forno. E allora perché non percepivo l’armonia fra le persone? Ecco, lo sapevo, l’arancina perfetta non stava bastando a far scomparire il risentimento reciproco fra tutti i litiganti. Mogli e mariti non si parlavano, madri e figlie si sfidavano con occhiate pungenti, cuochi e padroni masticavano reciproca bile, le rosticcerie e i bar vibravano di negatività. No, non andava bene! Lo scopo, la motivazione, della sfera perfetta non era certo soltanto quella di allestire una sfilata da Miss Arancina dell’anno! Lo scopo vero, quello profondo, era quello di alimentare l’amore, l’amicizia, la comunanza, la bellezza di un giorno dedicato alla gioia, alla vita, al mettere da parte pensieri e problemi davanti a un’arancina dorata fuori e morbida dentro. Arancine perfette per animi felici. E quegli animi invece, per colpa del mio ritardo, si erano ormai nutriti prima di troppo rancore per potersi quietare.

Me ne stavo mesto seduto sul muretto al belvedere di Monte Pellegrino, ai piedi della statua della Santuzza e con la mia supervista vedevo le ombre scure che, nonostante il cielo, possedevano la magnifica Palermo. Che avevo combinato? Probabilmente mi avrebbero tolto il potere e quel poveretto di mio padre avrebbe dovuto rimettersi all’opera al posto mio finché io non fossi stato capace di mettere al mondo un primogenito migliore di me. Cosa che, a giudicare dalla mia spregiudicatezza relazionale, poteva accadere ora o mai…

Su quell’ultimo filo di pensiero, l’idea mi balenò in mente folgorante e certa! Ssssìììì! Ci voleva altro oltre alla sfera perfetta, ci voleva un gesto d’amore, di pacificazione… ma fatto con l’esperienza e la competenza che uno come me, modestia a parte, aveva! Così tornai in ogni casa e in ogni locale, ma non più per la sfera perfetta, quanto per il bacio perfetto, che poggiai sulle labbra di ciascuna palermitana e ciascun palermitano, per lasciarvi impressa una profonda sensazione di benessere e piacere, tali da cancellare all’istante ogni risentimento! Sentii ancora la voce di mio padre imprecare allibita contro la mia improvvisa follia, ma mentre l’armonia tornava veloce a Palermo, udii anche la voce dolce e fiera di mia madre replicargli:

«Ma stai zitto, stai! Guarda qui: arancine perfette e ogni singola persona felice. Nessuno prima è mai riuscito in tanto! Te l’ho detto, nostro figlio è speciale!»

E speciale mi sentivo davvero, come prima di me doveva essersi sentito ogni avo che aveva avuto quel privilegio.

Da quel mio primo tredici dicembre, modestia a parte, ogni altro mio tredici dicembre ha visto molte arancine perfette e … wow… molto amore perfetto!

 

PS… ehi… com’è che non parlate più? Aaaahhh… già… anche oggi è il tredici dicembre…. Chiudetevi la porta almeno, no? 😉

 

Il segreto della sfera – MicroRacconto di ©Ljus av Balarm, con la collaborazione di Cristo DaVel.


La tradizione palermitana vuole che il 13 dicembre si renda omaggio a Santa Lucia, che nel 1646 salvò la città da una terribile carestia, facendo attraccare al porto una nave carica di grano. Il grano fu mangiato senza prima provvedere a lavorarlo, tanta era la fame, semplicemente facendolo bollire con un filo di olio. Nasce così la famosa Cuccia, caratteristica pietanza dedicata a santa Lucia. Per gratitudine alla santa, da allora a Palermo il 13 dicembre si dovrebbe praticare il digiuno… si dovrebbe, perché in realtà se è vero che il Palermitano doc si astiene dal consumare grano, è altrettanto vero che – geniale come sempre – da tempo immemore ha convertito la penitenza in tripudio, il tripudio dell’arancina – appunto!


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