Il silenzio era talmente profondo da vibrare di percezioni.

Le molecole di luce che carezzavano il pulviscolo nell’aria.

Il sentore di pitosforo che accompagnava ogni lieve sussulto delle tende percorse dal vento.

La danza delle ombre scritte tra l’inchiostro dell’aurora riflessa nei solchi sottili del parquet.

Risveglio anomalo, andava detto. Claudia non ricordava di aver mai fatto caso a quella roba; anzi, a dirla tutta, di solito l’odore dei fiori di primo mattino le dava la nausea; le particelle di polvere sospese le ricordavano che forse era tempo di fare le pulizie grosse; la luce filtrante dalle persiane la faceva sentire come Dracula svegliato malamente a mezzogiorno.

Cercò dentro di sé il fastidio, addirittura l’irritazione. Che strano: tutto quello che avvertiva era solo una strana sensazione di… uhm… come dire? Serenità, forse? Oddio, non esageriamo. Tranquillità, ecco ecco: tranquillità era la parola giusta. La sensazione giusta.

Si mise a sedere sul letto e si guardò attorno, nella camera in cui solo sette ore prima aveva sparpagliato con gli occhi già chiusi ogni indumento che la separasse dall’agognato sonno – dopo tredici ore di turno in reparto. Dove si era nascosta l’ansia del nuovo giorno? Dove si era rintanata la girandola di pensieri in stile to do list che la accompagnava nel passaggio dal sonno alla veglia? Dov’era la… vabbè, che stava lì a fare l’elenco delle paranoie ossessive quotidiane, proprio nell’attimo in cui non ne avvertiva nemmeno l’eco?!

«Strano, però…» bisbigliò.

Non è che le cose scompaiono da un momento all’altro, dopo che per lungo tempo ti accompagnano fedeli, no. E quelle sensazioni, o forse quelle non sensazioni: non ansia, non… E che cavolo, stava di nuovo facendo l’elenco?!

Scese giù dal letto senza catapultarsene via, come le era ormai diventato consuetudine. Doveva tornare in ospedale alle otto, erano appena le sei: aveva tutto il tempo del mondo a disposizione. Due ore, in realtà, che di solito le sfuggivano tra le dita come sabbia ribelle!

Fece una lenta doccia e si lasciò avvolgere dalla fragranza del docciaschiuma. Perplessa, prese il flacone e ne osservò l’etichetta: era quello di sempre, non c’erano dubbi. Non aveva mai fatto caso a quanto rilassante e dolce fosse il suo profumo!

«Che strano…» borbottò, entrando nella morbida spugna dell’accappatoio.

Però, davvero morbido, in effetti!

Tornò in camera e lo sguardo le cadde sullo smartphone. Lo prese e raggiunse la finestra, alla quale aprì energicamente le persiane. La scia rosso corallo sopra l’orizzonte la stupì: non si era mai accorta che dalla sua finestra fosse visibile l’alba!

«Che strano…»

Avviò la fotocamera, inquadrò le dita rosate che ancora afferravano il cielo e poi contemplò soddisfatta il risultato. L’attimo successivo stava già condividendo la foto nella chat con cinque parole:

guarda, amore, dal mio balcone.

Il telefono le vibrò immediatamente in mano, trasmettendole come un brivido vitale. Di solito, quella vibrazione le preannunciava complicazioni. Vide il nome sullo schermo e sorrise. Era normale sorridere se il tuo uomo ti chiama, no? Cioè, immaginava che lo fosse.

«Ma sei già sveglio?»

«Sì… Tutto ok, Cla’?»

«Tutto ok? Sì… oh, in che senso, aspe’?»

«Il messaggio… la foto… me l’hai mandato tu, no?»

Claudia rise divertita.

«Che scemo! No, un alieno è sceso sulla terra, ha visto il mio smartphone e ha detto: che ci posso fare? Ah, ma guarda, potrei mandare una foto ad Alessandro Martini…»

Sentì il silenzio dall’altra parte, durò un soffio di vita, ma ne ricevette l’intensità fino all’anima.

«Grazie, Cla’… è stato un risveglio perfetto con la tua foto. Davvero si vede da casa tua?»

«Sì! Non ci avevo mai fatto caso… che strano… Senti, ti andrebbe di fare colazione assieme? Non mi va di sedermi in cucina e scaldarmi il solito cornetto precotto. Tanto il tempo ce l’ho…»

Di nuovo quel silenzio, anche se ancor più breve.

«Tutto ok, Cla’? Mi devi dire qualcosa? No, è che hai questo tono dolce… di solito nei film quando la donna ha il tono stranamente dolce, poi molla l’uomo senza se e senza ma…»

«Ma che tono dolce, dai, è il mio solit…»

Che strano, invece: aveva ragione Alessandro. Nelle sue stesse orecchie, infatti, la sua voce risuonava calda, persino amorevole.

«Mah…»

«Cioè?»

«Che strano…»

«Cosa, Cla’?»

«Mi sono svegliata così stamattina… Che strano… È come se percepissi di più, che so, gli odori, i colori… Come se… che strano… come se i miei sensi si fossero rafforzati… Sai di che avrei voglia?»

«Dimmi…»

«Di chiamare a lavoro, darmi malata e invece prendere la tua moto e andarcene in spiaggia, tutto il giorno, come tante volte tu mi hai chiesto! Così vediamo se davvero i miei sensi si sono potenziati. Che dici?»

«Che tra dieci minuti mi trovi già sotto casa tua?»

«Davvero?»

«Sì, se tu lo vuoi…»

«Io… sì… lo voglio, sì… Oddio, ma non è strano?»

«Strano?»

«Sì… mi sento diversa, non lo so… mi sento…»

«Mi sa che sei tornata nel mondo, amore mio, lo sai? Sei stata troppo tempo via… bentornata…»

Claudia trattenne il respiro, lanciò lo sguardo alla finestra aperta, in tempo per veder rafforzarsi il celeste del nuovo giorno. Tornata nel mondo?

«Niente percezioni amplificate, quindi? Niente superpoteri?»

Udì la risata di Alessandro; la riconobbe, in realtà, perché non l’aveva più saputa ascoltare da quando quella dannata pandemia aveva stravolto l’universo. E le parve bellissima.

«Ce l’hai un superpotere, invece, Claudia…»

«Sì, e quale?»

«Hai appena riportato nel mondo anche me, anima mia… Da te fra quindici minuti?»

«Da me fra quindici minuti, sì…»

Claudia chiuse la chiamata e tornò a guardare fuori, adagiandosi al davanzale.

«Che stra…»

Si interruppe, sospirò, poi respirò pienamente. Non era strano, in fondo. Era semplicemente normale.

E lei lo stava finalmente ricordando.

 

© Patrizia Grotta e Ljus av Balarm


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